Quaderni Lupiensi di Storia e Diritto
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Quaderni Lupiensi di Storia e Diritto

Direzione:

Francesca Lamberti

Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università del Salento

Complesso Ecotekne, Via per Monteroni

73100 Lecce

 

Edizioni Grifo

Via Sant'Ignazio di Loyola, 37 

73100 Lecce

 

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EDITORIALE, vol. 9, 2019

Il volume del 2019 si apre con animo mesto, e il pensiero volto a una perdita grave, che ha funestato la Romanistica nella primavera di quest’anno: il 7 aprile, nelle prime ore della mattina, è venuto a mancare il mio Maestro (e padre accademico) Vincenzo Giuffrè. Non ne ero la ‘primogenita’ (un vasto manipolo di studiosi in erba e anche già arrivati colleghi mi precedeva, quando iniziai a seguirne il magistero, il giorno dopo la mia laurea, nell’ottobre dell’87) e – cosa che reputo debba sempre augurarsi un Maestro – sicuramente non sarei stata l’ultima. Subito dopo la laurea (l’ho già ricordato altrove) mi affiancò alla compianta Gloria Galeno perché, come schiere di giovani romanisti napoletani prima di me, venissi istruita al ‘mestiere di assistente’: i miei primi ricordi di ‘apprendista stregona’ (così amava chiamarci) oscillano fra  il timore reverenziale che la Professoressa Galeno incuteva (per anni ho sognato di dover sostenere con lei l’esame da assistente), e l’ansia di acquisire tutto il possibile di quella professione peculiare, fatta di spiegazioni agli studenti, di letture notturne di testi, di correzioni infinite di bozze, di traduzioni (nel momento in cui cominciai a masticare il tedesco). Solo ex post comprendo appieno la pazienza e la tolleranza dell’Uomo, il suo habitus ironico e minimizzatore, l’infinita capacità di lavoro connessa con l’abilità di conciliare le tante diverse istanze (e persone) che lo attorniavano.

Fra i tanti ricordi, quelli legati al suo essere Maestro anche negli aspetti minimi: quando gli confessai di non avere idea di come si correggessero gli errori di stampa, mi mostrò ad esempio in prima persona i segni (e segnali) da indirizzare al proto perché capisse la correzione apportata in bozza, e mi guidò nel replicarli, più e più volte, fino ad esser sicuro che avessi ben compreso. Come pure quelli legati al voler fare le cose ‘come diceva lui’: difficilmente seguiva i consigli che – saputella –,  immaginando di capirne di più di computer e programmi di video-scrittura,  pretendevo impartirgli, per scegliere soluzioni a volte più complesse ma destinate a restargli impresse nella memoria. I più giovani (e la figlia Romina) sanno e ricordano come fino a qualche anno fa fosse ancora pervicacemente legato a un programma (obsoleto) a nome WordPerfect: finalmente, e solo dopo molte e annose insistenze, si sarebbe convinto a passare a uno  standard più diffuso di word-processor. Anche questo era l’uomo, e il Maestro: persona convinta di sé e che, se si fosse prestata attenzione a sufficienza ai suoi insegnamenti, lo si sarebbe potuto raggiungere (o almeno sfiorare) nella grandezza. Ogni conversazione con lui era un crogiuolo di idee: per lo più (idee) sue, possibili linee di ricerca o quesiti da porre alle fonti, con le quali stimolava le giovani menti all’approfondimento e alla ricerca. Spesso svolte nel corso di lunghe camminate (che apprezzava tanto quanto le sigarette che accompagnavano la passeggiata), che prendevano le mosse di solito da Via Mezzocannone o da Via Marina (dove si svolgevano gli esami) per concludersi al suo studio di Parco Margherita, dove riprendevamo il lavoro editoriale e le discussioni sugli articoli e le recensioni che ci occupavano di volta in volta. Lì era spesso presente la Signora Teresa, presenza discreta e attenta ai nostri bisogni, soprattutto a ogni minima richiesta del Professore. Molti volumi di Labeo, molti degli scritti del Professore, molti dei nostri contributi potevano contare anche sul suo sguardo sapiente nella ‘messa in forma’ per la stampa. Un ‘convitato di pietra’, a modo suo costantemente presente, era il Professore Guarino, che non lasciava mai mancare i suoi ‘pizzini’ dedicati alla rivista, al Centro Arangio-Ruiz (che in quegli anni presiedeva), e a mille altri temi; a volte anche attraverso telefonate in studio (essendo all’epoca inesistenti i telefoni cellulari), o inviando di persona qualche emissario.

Le vicende successive, conducendomi, è noto, a Lecce, avevano per un periodo comportato il rarefarsi delle comunicazioni. Chiunque lo conoscesse bene sa che non era facilmente raggiungibile telefonicamente, e diffidente verso la posta elettronica. Quasi ‘a sorpresa’, tuttavia, negli ultimi anni, Giuffrè iniziò a scrivere più frequentemente mail e a lasciarsi reperire sul cellulare. In parte – immagino – la circostanza fosse legata all’emeritato, e dunque all’avere più tempo a disposizione; dall’altra alla malattia, che lo tratteneva più di frequente a casa; in  parte anche all’interesse (mi piace pensare) che i Quaderni destavano in lui. Dopo le tristi vicende di Labeo (che non mi avevano lasciato indenne e che nel 2014 poi chiarimmo definitivamente), che lui potesse avere una ‘casa’ dove riversare i suoi scritti, più o meno impegnati, era per me e gli allievi che si erano lasciati trascinare nel progetto dei Quaderni Lupiensi, motivo di orgoglio e conforto. Le telefonate e le mail erano diventate intensissime, negli ultimi anni, anche per via dei buoni uffici di Raffaele D’Alessio, che spesso faceva da tramite rendendogli visite frequentissime nella sua abitazione del Vomero.  

Non nascondo che in quegli anni avrebbe scritto per i Quaderni pezzi anche un po’ ‘su commissione’: così ad esempio per «Dominium» e «libertas»: corsi e ricorsi storici, in QLSD. 2, 2012, 70-77, su cui prendeva posizione sulla «concezione della proprietà privata come diritto umano fondamentale» (nel riallacciarsi a C. Salvi, Riv. Crit. Dir. priv. 29, 2011, 339 ss.), un’ipotesi che sarebbe ancora stata ribadita all’interno della sua ultima monografia; così per Contardo Ferrini tra ‘rovine’ e ripristino dell’ ‘antica architettura’. Tradizione romanistica e metodo storico-giuridico, in QLSD. 4, 2014, 11-33 (dove mi confermava il suo dissenso verso il giudizio tranchant di Gian Gualberto Archi nei riguardi di un Ferrini tout court ‘pandettista’); così per il lavoro «Regulae iuris» e metodi della «scientia iuris»: prospettive di approfondimenti, in QLSD 5, 2015, 11-26 (pubblicata in più sedi ma – come mi ‘prometteva’ in un suo scritto – nella versione più estesa ed elaborata proprio nei ‘nostri’ Quaderni); così, ancora, per La cooptazione dei docenti universitari. Alcune riflessioni, in QLSD 7, 2017, 15-20, dove su sollecitazione di Nello Parma e mia esprimeva alcune salutarissime riflessioni sull’insalubre stato delle nostre discipline. Sapevamo (e lo colgo anche dall’elenco delle sue pubblicazioni, che l’amico Javier Paricio ha diffuso nei suoi Seminarios) di rivaleggiare, quanto a ‘pezzi’ di cui Giuffrè faceva omaggio, soprattutto con Index e con Legal Roots (senza che questo gli impedisse di ‘accontentare’ anche una serie di altre Riviste amiche). Resta l’illusione che potesse avere uno sguardo ancora più affettuoso verso di noi, non foss’altro per la vicinanza, ideale, strutturale, di persone, a quello che era stata Labeo. Anche il contributo che apre il presente volume, le Curiosità romanistiche, fu un ‘regalo’ che D’Alessio e io riuscimmo a strappargli: in particolare di quello scritto era così soddisfatto delle pagine su Kandinskji (che lo vedevano in un dialogo ideale con Luigi Garofalo) da immaginare di destinarle anche a Studi in onore. Lo pubblichiamo postumo, con tutta la nostalgia e il rimpianto che suscita non poter sentirlo leggere dalla sua voce bassa di tenore un po’ rauca (che – come tutto di lui – manca moltissimo).

Sul finire del 2015 presentammo, presso l’Università del Salento, la sua raccolta di scritti “Divagazioni intorno al diritto romano”, pubblicata nella Collana “Antiqua” (Napoli, Jovene, 2014), con la partecipazione dell’allora  Preside di Facoltà, Giancarlo Vallone, della Direttrice del Dipartimento, Manolita Francesca, e del Presidente di Corso di Studi, Stefano Polidori. Ebbi l’onore di poter svolgere una ‘lettura’ del volume unitamente al Prof. Labruna e al Prof. Capogrossi. La giornata si chiuse con una sua lectio magistralis, dedicata alle obligationes ex lege.  Una cronaca della manifestazione, a firma di Salvatore Marino, è apparsa in LR online (2015) e in Iura 64 (2016) 498-500.

A Lecce del resto (come lo stesso Giuffrè ricordò in quella occasione) egli aveva ‘inaugurato’ i primi corsi di lezione nel 1994, al momento della nascita del locale Corso di Laurea in Giurisprudenza, per poi passare il testimone alla Collega Mara De Pascale e alla sottoscritta, nonché a Cristina Vano per quanto atteneva al corso di Storia del diritto italiano, il tutto sotto l’egida, burbera ma affettuosa, di Francesco Grelle. Dietro preghiera mia e degli allievi presenti in gran numero in occasione della presentazione del 2015, Giuffrè si convinse a rielaborare successivamente il testo della lectio magistralis per riversarlo in un lavoro autonomo, destinato a diventare la sua ultima monografia a stampa, anch’essa per i tipi dei Quaderni Lupiensi e della Collana “Iuridica Historica”.

Sulla sua scrivania napoletana sono ancora resti incompiuti di pezzi che stava per destinarci, come una recensione al volume collettaneo a cura di Avenarius, Baldus, Varvaro e mia, Gradenwitz, Riccobono und die Entwicklung der Interpolationenkritik / Gradenwitz, Riccobono e gli sviluppi della critica interpolazionistica (Mohr Siebeck, Tübingen 2018). A riprova del fatto (è il motto che da Capogrossi Colognesi aveva ripreso nell’inaugurare le Curiosità romanistiche che aprono questo volume) di come sino all’ultimo fosse convinto che  «La ricerca e la docenza, il dir la tua su tutto quel che riguarda la disciplina praticata sono  una malattia che ti spinge a far ogni cosa per restare sulla breccia anche se il tuo tempo è scaduto». E’ scaduto, è vero, per Vincenzo Giuffrè un tempo terreno. Non così invece per il suo insegnamento e il suo ‘esserci’ spirituale, che per molto, moltissimo tempo, lo conserverà ‘sulla breccia’ della nostra piccola famiglia di romanisti.

 

 

 

 

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