Quaderni Lupiensi di Storia e Diritto
Direzione:
Francesca Lamberti
Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università del Salento
Complesso Ecotekne, Via per Monteroni
73100 Lecce
Edizioni Grifo
Via Sant'Ignazio di Loyola, 37
73100 Lecce
(a cura di Annarosa Gallo)
Barbara Abatino, Alle radici delle obbligazioni generiche. Le «emptiones venditiones» di «res quae pondere numero mensura constant». Riflessione dei giuristi e prassi, Pubblicazioni della Scuola di specializzazione in Diritto civile dell’Università di Camerino, 130, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2012, pp. XXIV-228, ISBN 9788849525038.
Sergio Alessandrì, Le vendite fiscali nell'Egitto romano. II. Da Nerva a Commodo, Documenti e studi. Collana del Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Bari. Sezione storica 51, Edipuglia, Bari 2012, pp. 304, ISBN 9788872286661.
Francesco Arcaria, «Quod ipsi Gallo inter gravissima crimina ab Augusto obicitur». Augusto e la repressione del dissenso per mezzo del Senato agli inizi del principato, Satura Editrice, Napoli 2013, pp. VIII-152, ISBN 9788876071294.
Giuseppina Aricò Anselmo, Antiche regole procedurali e nuove prospettive per la storia dei comitia, Annali del Seminario Giuridico dell’Università degli Studi di Palermo – Monografie, 10, G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. 418, ISBN 9788834828588.
Christian Baldus, Massimo Miglietta, Gianni Santucci, Emanuele Stolfi (a cura di), Dogmengeschichte und historische Individualität der römischen Juristen. Storia dei dogmi e individualità storica dei giuristi romani. Atti del Seminario internazionale (Montepulciano, 14-17 giugno 2011), Quaderni del Dipartimento di Scienze giuridiche, 107, Università degli Studi di Trento, Trento 2012, pp. 744, ISBN 9788884434531.
Stefano Barbati, Studi sui ‘iudices’ nel diritto romano tardo antico, Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà di Giurisprudenza – Sede di Piacenza. Dipartimento di Scienze giuridiche, 9, Giuffrè Editore, Milano 2012, pp. X-705, ISBN 9788814176173.
Ugo Bartocci, Salvatore Riccobono, il diritto romano e il valore politico degli «Studia humanitatis», G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. XII-156, ISBN 9788834835579.
«Duplice […] l’aspetto e la funzione degli Studia Humanitatis: una indagine puramente scientifica da un lato, e dall’altro, una opera di penetrazione e diffusione dello spirito umanistico latino, da perseguire senza preoccupazioni propagandistiche». Così Giuseppe Bottai, Ministro dell’educazione nazionale, descriveva nel 1943, nella rivista Primato, l’istituto Studia Humanitatis, fondato a Berlino nel 1942. Un istituto inaugurato alla presenza delle più alte cariche del mondo della cultura e del mondo politico tedesco, e dei più insigni ‘Geistwissenschaftler’ italiani, fra i quali, oltre al già nominato Bottai, anche il romanista Salvatore Riccobono, ed il filosofo Ernesto Grassi. Attraverso l’istituto Studia Humanitatis, il diritto romano e la cultura classica avrebbero fatto breccia nella capitale dell’Alleata Germania e del germanesimo; germanesimo che, nei suoi profili giuridici, la dittatura hitleriana intendeva sostituire alla cultura giuridica romana. A questo riguardo, significativo fu l’intervento del quasi ottantenne S. Riccobono che, in un eccellente latino, e sprezzante della platea ‘germanica’, difese ed esaltò l’importanza della cultura classica, e segnatamente del diritto romano, nella cultura europea dell’epoca.
Questo è il tema attorno al quale ruota l’intrigante studio di Ugo Bartocci: una profonda ed accurata ricostruzione delle vicende che portarono all’istituzione di un istituto che avrebbe consentito al regime fascista – seppur nel silenzio della propaganda ed in un ambiente culturalmente avverso anche se militarmente alleato – di sostenere il progetto di alcuni giuristi italiani, interessati a riaffermare (nella patria del germanesimo) il valore universale del diritto romano, con un approccio scientifico e totalmente indipendente dal potere e dall’enfasi politica. [F. De Pascalis]
Raffaele Basile, ‘Usus servitutis’ e tutela interdittale, L’arte del diritto, 25, CEDAM, Padova 2012, VIII-348, ISBN 9788813331078.
Federico Battaglia, Furtum est contrectatio. La definizione romana del furto e la sua elaborazione moderna, Pubblicazioni dell’Università di Pavia – Facoltà di Giurisprudenza, 150, CEDAM, Padova 2012, pp. 476, ISBN 9788813332877.
Federica Bertoldi, Il negozio fiduciario nel diritto romano classico, Mucchi Editore, Modena 2012, pp. 242, ISBN 9788870005912.
Jan N. Bremmer, Marco Formisano (eds.), Perpetua’s Passions. Multidisciplinary Approaches to the Passio Perpetuae et Felicitatis, Oxford University Press, Oxford 2012, pp. 400, ISBN 978-0-19-956188-9.
Una fonte che sin dall'antichità suscita stupore e quesiti, il resoconto del martirio della cristiana Vibia Perpetua e di un manipolo di catechumeni imprigionati assieme a lei e sottoposti alla damnatio ad bestias verosimilmente nel marzo del 203 a Cartagine da un procurator particolarmente efferato, Ilariano. Trasmessa in due versioni più ampie, una latina, l'altra greca, nonché in estratti più brevi (i c.d. Acta), la Passio Perpetuae (et Felicitatis) è testo che si presta all'analisi da un ingente novero di prospettive. L'ottica pluridisciplinare è quella prescelta appunto nella recente e densa raccolta a cura di Jan N. Bremmer e Marco Formisano, Perpetua's Passions. Multidisciplinary Approaches to the "Passio Perpetuae et Felicitatis" (Oxford, Oxford University Press, 2012, pp. x-383), volta ad approfondire i profili testuali e letterari della Passio.
A un'introduzione (pp. 1-13) intesa a illustrare i caratteri essenziali del manoscritto e della sua tradizione letteraria, fa seguito l'edizione del testo (pp. 14-32): desta meraviglia solo per chi non è abituato all'impostazione scientifica anglosassone il fatto che la traduzione inglese preceda l'originale latino, circostanza che denota chiaramente come il volume non sia inteso a fornire un'edizione critica (i curatori rinviano a quella canonica di C.I.M.I. van Beek, Passio Sanctarum Perpetuae et Felicitatis, Nijmegen, 1936), bensì una panoramica delle visuali (tradizionali e nuove) sulla Passio Perpetuae. Strutturata in tre parti, la prima (pp. 35-166) raccoglie contributi dedicati alla singolare prospettiva 'femminile' di quella che sembra essere stata una delle pochissime autrici donne dell'antichità romana. Di particolare interesse nella sezione in esame i contributi di: Craig Williams, Perpetua's Gender. A Latinist Reads the "Passio Perpetuae et Felicitatis" (pp. 54-78), che, fra le altre notazioni di pregio, si schiera per un valore solo simbolico e descrittivo dell'affermazione di Perpetua (nel descrivere la visione di lei in combattimento col guerriero egizio) "et facta sum masculus" (Passio 10.7); Walter Ameling, "Femina Liberaliter Instituta - Some Thoughts on a Martyr's Liberal Education (pp. 78-102), in cui si suggerisce che Perpetua (che è detta dall'editore della Passio "honeste nata" e "liberaliter instituta") più che lettrice di Virgilio, Ovidio o Apuleio (diversamente da quanto ipotizzato da un'ampia gamma di studiosi) fosse influenzata, nella redazione della cronistoria del proprio martirio, dalle letture della Vulgata latina della Bibbia e presumibilmente dalle opere di Tertulliano (sul punto v'è da dire che appaiono numerosi, su Perpetua, anche gli influssi del linguaggio giuridico corrente alla fine del II sec. d.C.); Hanne Sigismund-Nielsen, Vibia Perpetua - An Indecent Woman (pp. 103-117), che si ferma sul rapporto fra padre pagano e figlia cristiana, rilevando in primo luogo la scarsa influenza di un'eventuale patria potestas (il padre non fu in grado di convincere la figlia ad abiurare la fede cristiana), e, analizzando il lessico delle loro conversazioni, vi evidenzia il notevole influsso di quella pietas che da sempre, nell'immaginario romano, doveva informare i rapporti fra genitori e figli e in generale fra stretti congiunti.
La seconda sezione del volume si occupa dei temi relativi alla tradizione testuale e al significato del testo per la koiné cristiana. In essa fra altri: Jan den Boeft, The Editor's Prime Objective: "Haec in Aedificationem Ecclesiae legere" (pp. 169-179) affronta il problema dei capitoli della Passio di mano dell'editore, indagando i possibili influssi letterari e soprattutto ponendo in risalto l'intento, da parte di chi decise di pubblicare il racconto del martirio di Perpetua, di far sì che il testo si inscrivesse in una tradizione di exempla di passioni da leggere nel corso della liturgia ufficiale della Chiesa (cosa che sappiamo avveniva in Africa alla fine del IV sec.); Katharina Waldner, Visions, Prophecy and Authority in the Passio Perpetuae (pp. 201-219) si ferma sull'intento dell'editore (e della stessa Perpetua) di conferire al testo oltre ad un'autorità esemplare anche un valore profetico, in questo esaltando la figura della martire a beneficio della posterità; Hartmut Böhme, The Conquest of the Real by the Imaginary: On the Passio Perpetuae (pp. 220-243) sottolinea come il racconto del martirio sia funzionale in particolare a un'inversione dei rapporti di potere fra l'autorità statuale e quella della militia Christi: la prima deve sottostare (e per certi versi è soggiogata) dall'azione dei martiri, e dalla loro capacità di visione, in quella che giustamente l'a. definisce "the politics of martyrdom". La terza parte è dedicata ai profili di canonizzazione del testo e alla relativa 'marginalità' dello stesso. Di peculiare rilievo i contributi di David Konstan, Perpetua's Martyrdom and the Metamorphosis of Narrative (pp. 291-299), che pone a confronto le metamorfosi degli Ephesiaca di Senofonte di Efeso e quelle narrate nella Passio da Perpetua e da Saturo; e di Marco Formisano, Perpetua's Prisons: Notes on the Margins of Literature (pp. 329-347) che tratta dei diversi profili di singolarità del testo di Perpetua, tanto dal punto di vista degli Acta Martyrum, quanto da quello della tradizione letteraria, quanto ancora da quello linguistico e stilistico.
Un volume ricco di spunti dove il dibattito fra gli specialisti di diversi saperi ha dato frutti di notevole interesse: senz'altro destinato ad essere un punto di riferimento imprescindibile per i futuri studi sul tema. [Francesca Lamberti]
Graziana Brescia, La donna violata. Casi di stuprum e raptus nella declamazione latina, Testi e ricerche, n.s. 11, Edizioni Grifo, Lecce 2012, pp. 96, ISBN 9788896801987.
A figure femminili dell’universo delle declamazioni latine – fittizio, ma ricco di suggestioni e di motivi di riflessione per chi si occupi dell’esperienza giuridica romana – dedica questa ricerca Graziana Brescia. Il saggio è preceduto da un’introduzione – Non è un paese per donne. Notizie sulla condizione femminile a Sofistopoli – in cui Mario Lentano passa in rassegna i temi delle controversie del corpus senecano che presentano personaggi di donne, traendone interessanti indicazioni. I Riferimenti bibliografici chiudono il volumetto.
Il discorso, condotto con chiarezza ed eleganza espositiva ed attento al confronto con la letteratura giuridica, esplora il rapporto problematico fra pudicitia femminile e consegna del silenzio imposta alle donne dal codice culturale (Stuprum e adulterium tra silenzio e consenso), focalizzandosi, quindi, sulla rapta (Il destino della rapta tra optio e patria potestas), personaggio collocato dai declamatori sullo sfondo di un processo di indebolimento della patria potestas. Eppure, se quest’ultima appare depotenziata dall’operare della lex scholastica sul raptus, proprio dalla lex stessa – evidenzia la studiosa – accade che possa in fondo essere garantita, così che la portata eversiva dei ruoli sociali tradizionali, pericolosamente insita nel diritto riconosciuto alla donna di scegliere il proprio marito senza tener conto della volontà paterna, risulti, a sua volta, attenuata. [G. Rizzelli]
Mario Bretone, Diritto romano e coscienza moderna. Dalla tradizione alla storia. Scritti nomadi, Colección Premios Ursicino Álvarez, 2, Marcial Pons Ediciones, Madrid – Barcelona – Buenos Aires 2011, pp. 542, ISBN 9788497689045.
Filippo Briguglio, Il Codice Veronese in trasparenza. Genesi e formazione del testo delle Istituzioni di Gaio, Seminario Giuridico dell'Università degli Studi di Bologna, 261, Bononia University Press, Bologna 2012, pp. XIV-342, ISBN 9788873957829.
Pierangelo Buongiorno, Sebastian Lohsse (a cura di), Fontes Iuris. Atti del VI Treffen Junger Romanistinnen und Romanisten (Lecce, 30-31 marzo 2012), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2013, pp. XXX-310, ISBN 9788849525847.
Il volume, curato da Pierangelo Buongiorno e Sebastian Lohsse, è il prodotto di due intense giornate di studio svoltesi a Lecce, nel marzo 2012, in occasione del sesto incontro annuale del Collegium Junger Romanistinnen und Romanisten. In esso confluiscono non soltanto le relazioni presentate al Treffen di Lecce, ma anche le rielaborazioni degli interventi di taluni partecipanti, nati a margine tanto della discussione sulle singole relazioni, quanto del Seminario sulle Techniken der juristischen Exegese der handschriftlichen und epigraphischen Quellen (tenuto – nell’ambito delle iniziative connesse al Treffen – dai Professori Giuseppe Camodeca, Francesco Grelle, e dal compianto Tullio Spagnuolo Vigorita).
Il carattere miscellaneo di questo prodotto editoriale tradisce la varietà di ricerche condotte dai giovani studiosi aderenti al Collegium, e ribadisce – ancora una volta – la vitalità della scienza romanistica sul principiare del XXI secolo, a dispetto delle crisi economiche, scientifiche, di vocazione, che il nostro tempo conosce. Da qui il titolo, Fontes Iuris, forse ad una prima impressione pretenzioso, ma (come sottolineano i curatori in premessa) «di auspicio che una nuova linfa per le discipline giusantichistiche possa sgorgare dalla discussione sulle fonti antiche e dalla dialettica fra giovani studiosi dai comuni interessi, ma con percorsi di formazione e metodologie differenti». Il volume è dedicato alla memoria di Tullio Spagnuolo Vigorita. [A. Gallo]
Carlo Busacca, Iustae nuptiae. L'evoluzione del matrimonio romano dalle fasi precittadine all'età classica, Giuffrè Editore, Milano 2012, pp. 266, ISBN 9788814167818.
Paulo Butti De Lima, Il piacere delle immagini. Un tema aristotelico nella riflessione moderna sull’arte, Biblioteca dell’«Archivum Romanicum», Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia, Vol. 412, Leo Olschki Editore, Firenze 2012, pp. VIII-200, ISBN 9788822262295.
Paulo Butti De Lima, Archeologia della Politica. Letture della Repubblica di Platone, Filosofie, 215, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2012, pp. 176, ISBN 9788857514529.
Wolfram Buchwitz, Servus alienus heres. Die Erbeinsetzung fremder Sklaven im klassischen römischen Recht, Forschungen zum römischen Recht, 56, Böhlau Verlag, Wien-Köln-Weimar 2012, pp. XIV-336, ISBN 9783412209926.
Luigi Capogrossi Colognesi, Padroni e contadini nell’Italia repubblicana, Saggi di storia antica, 34, L’Erma di Bretschneider, Roma 2012, pp. XX-284, ISBN 9788882657642.
Luigi Capogrossi Colognesi, Giovanni Finazzi (a cura di), Ricordo di Mario Talamanca, Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche. Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, 77, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. X-230, ISBN 9788824322171.
Mario Talamanca, al cui ricordo è dedicato questo volume di Atti, è stato figura eminente del panorama della giusromanistica internazionale degli ultimi decenni. Ma non solo. Con il suo eccezionale operato ha infatti travalicato le dimensioni della sua disciplina, divenendo uno dei più autorevoli rappresentanti della scienza giuridica italiana di fine secolo. Durante l’incontro organizzato nel primo anniversario della morte dalla Facoltà di Giurisprudenza de ‘La Sapienza’ di Roma, gli aspetti dell’attività di T. sono stati rievocati grazie al contributo di tanti giuristi, italiani e stranieri, amici, colleghi, allievi, che hanno reso un doveroso tributo al Maestro, ricordandone la sua essenza di rigoroso uomo accademico, di attento studioso, di pungente critico. I contributi si snodano in due sezioni, dedicate rispettivamente alla “storia accademica” (pp. 3-68) e alla “vocazione scientifica” (pp. 69-228) di T. Nella prima sezione Mario Caravale (pp. 3-4), ricorda «l’autorità, l’equilibrio e la lealtà» con cui T., nella veste di Preside, guidò la Facoltà di Giurisprudenza di Roma. I ‘ricordi' di Antonio Mantello (pp. 31-38), Oliviero Diliberto (pp. 39-50), Letizia Vacca (pp. 51-56), Luigi Garofalo (pp. 57-68) tratteggiano invece T. nelle vesti, rispettivamente, di Professore di Istituzioni, di docente della gloriosa ‘Scuola di perfezionamento’, di componente dell’ARISTEC. Andrea Di Porto (pp. 5-12) esamina invece il legame di T. con l’Istituto di diritto romano de ‘La Sapienza’, ponendo soprattutto l’accento sulla direzione del Bullettino. L’autorevole Rivista, diretta da T. sin dal 1985, ha costituito la tribuna più avanzata del suo pensiero, e ospitò la pubblicazione di articoli e note, ma soprattutto delle recensioni contenute nella rubrica Pubblicazioni pervenute alla Direzione. Queste ultime divennero quasi una sorta d’«inaccessibile harem proibito ai comuni mortali» (così E. Cortese, in BIDR. 103/4, 2000/1, 758): qui non erano accolte recensioni a firma di altri autori e forse in pochi avrebbero potuto recensire con il suo stesso rigore, la sua stessa intensità, forza argomentativa e precisione. Le recensioni, dal tono talvolta pungente, ma sempre rispettoso, restano un punto di riferimento ineliminabile della biografia dello studioso e furono queste a rendere eccezionale la sua imponente opera scientifica. T., infatti, è stato autore di un numero straordinario di pubblicazioni ma è nel genere della recensione che egli fu «maestro non solo sommo…ma ineguagliabile» (così G. Finazzi, in SDHI. 77, 2010, 747). I singoli profili della produzione scientifica di T. (il diritto privato, e in particolare le obbligazioni contrattuali e la materia successoria, il diritto processuale civile, la iurisprudentia) sono ricordati nella seconda sezione del volume da Massimo Brutti (pp. 69-100), Carlo Augusto Cannata (pp. 101-124), Giovanni Finazzi (pp. 125-186), Dario Mantovani (pp. 187-216). Agli studi, editi e inediti, sui diritti greci si dedica invece Alberto Maffi (pp.217-222). Nel complesso emerge il ritratto di uno studioso instancabile, la cui attività scientifica appare animata dalla volontà di giungere sino alle ultime conseguenze di ogni ricerca, pur nella «consapevolezza dell’irraggiungibilità dell’albero della conoscenza» (L. Capogrossi Colognesi, in BIDR. 105, 2011, 4). Chiudono il volume il commiato di Luigi Capogrossi Colognesi (pp. 223-226) e un ricordo epistolare di Dieter Nörr (pp. 227-228). [A. C. Manta]
Valeria Carro, La promessa unilaterale. Studio sulla formazione unilaterale del rapporto obbligatorio tra diritto romano, tradizione romanistica e prospettive future, Pubblicazioni del Dipartimento di diritto romano e storia della scienza romanistica dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’, 29, Satura Editrice, Napoli 2012, pp. 229, ISBN 9788876071058.
Carteggio Croce – Arangio Ruiz, a cura di Valerio Massimo Minale, con una nota di Luigi Labruna, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Società editrice Il Mulino, Bologna 2012, pp. XLVIII-172, ISBN 9788815240699.
Patricio Ignacio Carvajal, Massimo Miglietta, Gianni Santucci (a cura di), Atti della giornata di studio in onore di Alejandro Guzmán Brito. Laudatio – Lectio magistralis – Tavola rotonda (Trento, Facoltà di Giurisprudenza, 14 marzo 2011), Dipartimento di Scienze Giuridiche. Università di Trento, CVI, CEDAM, Padova 2013, pp. X-182, ISBN 9788813329273.
Sergio Castagnetti, Le “leges libitinariae” flegree. Edizione e commento, Pubblicazioni del Dipartimento di diritto romano e storia della scienza romanistica dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’, 33, Satura Editrice, Napoli 2012, pp. X-282, ISBN 9788876071126.
Raffaele Cavalluzzi, Pasquale Guaragnella, Raffaele Ruggiero (a cura di), Il Diritto e il Rovescio. La gravità della legge e la sostenibile leggerezza delle arti. Atti del Convegno di Studi. Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’, 15-16 dicembre 2010, Mneme, 12, Pensa MultiMedia, Lecce 2012, p. 304, ISBN 97888982329402.
Il volume raduna gli atti dell'omonimo Convegno di Studi svoltosi presso l'Università di Bari "Aldo Moro" il 15 e 16 dicembre 2010. Filo conduttore il rapporto fra diritto, letteratura e arti. Fra i numerosi importanti contributi presenti nel volume, piace ricordare: (pubblicato postumo) Mario Giovanni Garofalo, L'ambiguità dell'interpretare: conoscere o decidere? (p. 15-21) che pone la questione dell'applicabilità dei diversi tipi di interpretazione noti nell'ambito del diritto (letterale, sistematica, storica, teleologica) anche in arte e in letteratura; Paulo Butti de Lima, Tra il legislatore e il poeta. Un dialogo all'interno delle Leggi di Platone (p. 33-50), che ripercorre le notissime affermazioni del quarto libro delle Leggi platoniche concernenti il rapporto fra linguaggio poetico e linguaggio del legislatore (l'a. cita M. Th. Fögen a p. 35, nt. 6, ma non il bel volume Das Lied vom Gesetz, München 2007, di recente ripubblicato, postumo, in versione italiana, Il canto della legge, Napoli 2012); Andrea Battistini, Vico e le "sorgenti dell'universa giurisprudenza" (p. 93-107), il quale esamina alcune proposizioni della "Scienza nuova" a confronto con la prolusione di Foscolo pronunciata nel 1809 all'Università di Pavia, Dell'origine e dell'ufficio della letteratura; Pasquale Guaragnella, La "lettera della legge". Su un'operetta giovanile di Gaetano Filangieri (p. 121-132), che analizza le concezioni del giovane Filangieri in materia di magistratura; Mario Bretone, Il "senso artistico" del diritto. In punta di piedi nel primo Ottocento tedesco (p. 141-160), che fornisce una affascinante lettura delle concezioni ottocentesche di letterati (quali Heine) sulla natura del diritto e di giuristi (quali Savigny) sui profili simbolici e sulla 'forma' delle norme; Mariella Basile, I diritti dell'artista e la valutazione del critico. Il processo Whistler vs. Ruskin (p. 219-234), che prende in esame il processo per diffamazione svoltosi nel 1878 ed esperito dal pittore americano James McNeil Whistler nei riguardi del critico John Ruskin, che aveva dileggiato l'artista in una recensione a una sua personale; Giuseppe Tucci, Ignazio Silone e la giustizia degli esclusi (p. 295-331), che esamina i 'marginali' di Silone alla luce delle problematiche (immigrazione, povertà, razzismo) poste da questo nuovo millennio. Innovativo il taglio del convegno e importante la raccolta compiuta dai curatori nel volume in esame, che mostra come moltissimi spunti fecondi possa ancora fornire il dialogo fra discipline (anche distanti fra loro) quali diritto, arte e letteratura. [F. Lamberti]
Marcella Chelotti, Marina Silvestrini (a cura di), Epigrafia e territorio. Politica e società IX. Temi di antichità romane, Documenti e studi. Collana del Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Bari. Sezione storica 54, Edipuglia, Bari 2013, pp. 256, ISBN 9788872286715.
Alice Cherchi, Ricerche sulle «usurae» convenzionali nel diritto romano classico, Università di Cagliari. Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza. Serie I (giuridica), 86, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XII-274, ISBN 9788824321259.
Maria Elvira Consoli (a cura di), Sapientia et eloquentia. Omaggio ad Antonio Garzya offerto dall’AST – Sez. di Lecce, Università del Salento, Pubblicazioni del Dipartimento di Studi storici dal Medioevo all’Età contemporanea, 107, Congedo Editore, Galatina [Le] 2012, ISBN 9788867660247.
Paola Ombretta Cuneo, Anonymi Graeci oratio funebris in Constantinum II, Collana della Rivista di Diritto Romano. Saggi, LED-Edizioni, Milano 2012, pp. 232, ISBN 9788879166164.
Francesco Eriberto D’Ippolito, Fra due codici. Diritto positivo e storia giuridica nell’opera di Francesco De Martino (1933-1947), Società Storia Diritto, 6, Satura Editrice, Napoli 2013, pp. 208, ISBN 9788876070884.
Daniela Di Ottavio, Ricerche in tema di «querela inofficiosi testamenti» I. Le origini, Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche. Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, 61, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XII-146, ISBN 9788824321167.
Loredana Di Pinto, Cura studiorum. Tra pensiero giuridico e legislazione imperiale, Storie e Testi, n.s. 23, M. D'Auria Editore, Napoli 2013, pp. 248, ISBN 9788870923407.
Marie Theres Fögen, Il canto della legge, con una postfazione di Cristina Vano, Interferenze. Collana di diritto e cultura umanistica, 4, Editoriale Scientifica, Napoli 2012, pp. 164, ISBN 9788863424560.
Opuscoli. Scritti di Gennaro Franciosi, a cura di Lucia Monaco e Amalia Franciosi, I-III, Collana del Dipartimento di Scienze giuridiche della Seconda Università di Napoli – Atti e Raccolte II, Satura Editrice, Napoli 2013, pp. XXII-1078 (in tre tomi), ISBN 9788876070907.
Marco Gardini, Ricerche in tema di usufrutto. L’usufrutto del fondo, Saperi. Manualistica, 20, Monte Università di Parma Editore, Parma 2012, pp. 202, ISBN 9788878474192.
Giovanni Gualandi, Legislazione imperiale e giurisprudenza, I-II, a cura di Gianni Santucci e Nicoletta Sarti, ISTUB – Opere dei Maestri, 1, Bononia University Press, Bologna 2012, pp. 568, pp. 160, ISBN 978-88-7395-684-6.
A Gianni Santucci e a Nicoletta Sarti va il merito di aver promosso la ripubblicazione di un ‘classico’ degli strumenti per la ricerca storico-giuridica. L’opera di Gualandi, pur con mezzo secolo di storia, continua infatti a essere punto di riferimento per quanti si addentrino nella dialettica feconda fra giurisprudenza e attività normativa imperiale. Ponendosi nel solco degli interessi del suo Maestro Edoardo Volterra, G. costituì infatti un corpus delle «citazioni di costituzioni imperiali contenute in opere di giuristi classici» secondo l’ordine cronologico degli imperatori, e dei «frammenti dei giuristi classici contenenti citazioni imperiali disposti secondo l’ordine della palingenesia di O. Lenel». E, sulla base di questo ampio materiale (costituente il primo tomo dell’opera), indagò (nel secondo tomo) l’impatto della produzione normativa imperiale sulla giurisprudenza romana, definendo i termini di una «coesistenza … reciprocamente vitale e feconda» sino a tutta l’età severiana; età dopo la quale tale coesistenza si esaurì «per l’accentrarsi nella persona del princeps … di ogni potere normativo e per il contemporaneo e parallelo estinguersi dell’attività giurisprudenziale, i cui compiti ven(nero) assorbiti dalla funzione normativa degli imperatori». La ricerca di G. si completava di una meditata appendice sulla paternità delle costituzioni imperiali, frutto della riflessione sul complesso problema della massimazione delle costituzioni in età tardoantica e giustinianea.
La ripubblicazione di quest’opera è corredata di due saggi, tesi a meglio definire la figura di G. – «eclettico ed erudito studioso del diritto romano e del diritto intermedio» – e la sua ricerca. Un ricordo, a firma di Mario Talamanca (già apparso in St. Urb. 76, 2009, 7 ss.) e un saggio inedito di J.-P. Coriat, che a guisa di introduzione all’opera di G., ne mette in risalto la centralità per gli studi palingenetici, rilevando altresì come « les analyses de G. doivent conduire à des conclusions précises sur la contribution de la jurisprudence à la législation d’un empereur, d’une dynastie, sur la portée significative des relations entre interpretatio prudentium et constitutio principis, et sur la physionomie exacte de l’interprétation créatrice du souverain et de sa chancellerie, qui a fait du prince législateur le continuateur et le successeur du préteur et des prudents ». [P. Buongiorno]
Jan Dirk Harke, Argumenta Iuventiana – Argumenta Salviana. Entscheidungsbegründungen bei Celsus und Julian, Schriften zur Rechtsgeschichte, Heft 157, Duncker & Humblot, Berlin 2012, pp. 356, ISBN 9783428137787.
Susanne Heinemeyer, Der Freikauf des Sklaven mit eigenem Geld – Redemptio suis nummis, Schriften zur Rechtsgeschichte, Heft 161, Duncker & Humblot, Berlin 2013, pp. 381, ISBN 9783428139941.
Evelyn Höbenreich, Viviana Kühne y Francesca Lamberti (cuid.), El Cisne II. Violencia, proceso y discurso sobre género. Red de trabajo de Derecho Romano, Estudios de Género y Tradición Jurídica Romana, Coleccíon Leda, 6, Edizioni Grifo, Lecce 2012, pp. 456, ISBN 9788896801949.
Tobias Kleiter, Entscheidungskorrekturen mit unbestimmter Wertung durch die klassische römische Jurisprudenz, Münchener Beiträge zur Papyrusforschung und Antiken Rechtsgeschichte, 102, Ch. Beck Verlag, München 2010, pp. 206, ISBN 9783406600234.
Renato La Rosa, Ricerche sul quasi-usufrutto nel diritto romano, G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. X-206, ISBN 9788834837917.
Gianfranco Liberati, Letture mommseniane (edizione fuori commercio), Edizioni La Matrice, Bari 2013, pp. 144, ISBN 9788895614335.
Una preziosa raccolta di interventi su Theodor Mommsen, in edizione fuori commercio, è quella regalata da Gianfranco Liberati, che ripropone in anastatica tre suoi lavori dedicati al grande studioso tedesco, apparsi fra il 1976 e il 1978. Il secondo e il terzo ripubblicano e analizzano frammenti della corrispondenza mommseniana: le lettere agli italiani per la guerra franco-prussiana (Le lettere di Mommsen "Agli Italiani", in Quaderni di storia 4, luglio-dicembre 1976, p. 197-247), dalle quali appare trasparire un certo 'meccanicismo' nella considerazione dei fattori storici e linguistici che avrebbero motivato l'appartenenza di Alsazia e Lorena alla nazione tedesca; e le lettere di Mommsen rinvenute in biblioteche salentine (Lettere di Mommsen a studiosi pugliesi, in Quaderni di storia 8, luglio-dicembre 1978, p. 337-354), che forniscono uno spaccato sugli studi storico-antichistici, epigrafici e archeologici, nella seconda metà dell'800, in Italia meridionale. Il primo, più corposo, saggio, affronta le posizioni mommseniane concernenti il ruolo e il significato del 'diritto romano attuale' nella temperie culturale del Deutscher Bund (Mommsen e il diritto romano, in Materiali per una storia della cultura giuridica 6, 1976, p. 217-290). Grazie all'enorme messe di materiali fornita fra la fine degli anni '50 e la fine degli anni '60 da Lothar Wickert (Theodor Mommsen - Eine Biographie 1, Frankfurt a.M., 1959; 2, Frankfurt a.M. 1964; 3, Frankfurt a.M. 1969), Liberati illustra, nel proprio lavoro del '76, le posizioni di Mommsen, «giurista per formazione, che considerò anche negli anni più tardi la giurisprudenza quale sua 'patria spirituale'» (p. 222), nei riguardi del diritto romano, come espresse nelle prolusioni al suo insediamento presso la Cattedra di diritto romano di Lipsia (nel 1848) e al suo successivo insediamento a Zurigo (nel 1852), dopo l'allontanamento (per motivi di natura politica) da Lipsia. La 'giustificazione' dell'insegnamento del diritto romano, in una fase di riflessione volta alla costruzione di un sistema giuridico tedesco unitario, parte (nella prolusione di Lipsia) dalla critica agli orientamenti che vedevano il sistema giuridico antico come "l'ordinamento del dispotismo ..., dell'unum imperium", per esaltare invece il carattere liberale (in particolare in chiave economico-sociale) del diritto romano e la sua natura di 'Juristenrecht', diritto particolarmente funzionale al collegamento fra teoria e prassi. La prolusione di Zurigo, nello sviluppare i motivi di quella di Lipsia, rendeva esplicite le intense connessioni fra la visione mommseniana e quella della Scuola Storica del diritto, in particolare nelle concezioni di fondo (nascita del diritto dal 'Volksgeist' e sua progressiva elaborazione in forma di 'scienza' ad opera di un ceto di esperti), e nell'esaltazione del carattere 'sistematico' della iuris prudentia romana. In particolare Mommsen privilegia l'elemento universalistico del diritto romano, visto attraverso il rinnovarsi degli istituti di diritto privato, che, attraverso le epoche, hanno conservato in nuce gli elementi essenziali e talune caratteristiche primarie del diritto in cui si originarono. Colpisce in modo particolare, della prolusione zurighese, un passaggio, contenente riflessioni e affermazioni che sarebbero proponibili, oggi, ai nostri studenti senza variazioni essenziali: «Io credo ... di avere dimostrato perché la storia del diritto romano sia assolutamente necessaria, indispensabile per un avanzato studio del diritto. Che, invece, un avanzato studio del diritto non sia assolutamente necessario, questo è perfettamente vero; per i bisogni esterni basta senza dubbio un'infarinatura pratica. Ogni scienza è un lusso, come ogni arte ... Ma non è la vita che è gioia, bensì il godimento profondo e festoso della vita; pertanto è giusto, quando si hanno davanti agli occhi immagini piacevoli, allargare il campo della visione spirituale, volgendosi indietro e volgendosi innanzi». Difficilmente un professore di Diritto romano, oggi, potrebbe esprimersi meglio e in modo più incisivo. [F. Lamberti]
Giovanni Lobrano, Pietro Paolo Onida (a cura di), Il principio della democrazia. Jean-Jacques Rousseau ‘Du Contrat social’ (1762), Università degli Studi di Sassari. Pubblicazioni del Dipartimento di Giurisprudenza, 1, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XII-340, ISBN 9788824321228.
Gianluca Mainino, Studi sul caput XXI della Lex Rubria de Gallia Cisalpina, Collana della Rivista di Diritto Romano. Saggi, LED-Edizioni, Milano 2012, pp. 150, ISBN 9788879166157.
Sara Longo, Locare ‘in perpetuum’. Le concessioni in godimento di ager municipalis, G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. VI-186, ISBN 9788834829424.
Arrigo Manfredini, Rimetti a noi i nostri debiti. Forme della remissione del debito dall’antichità all’esperienza europea contemporanea, Percorsi-Diritto, Società Editrice Il Mulino, Bologna 2013, pp. 358, ISBN 9788815244499.
Valerio Marotta, Emanuele Stolfi (a cura di), Ius controversum e processo fra tarda Repubblica ed età dei Severi, L'Erma di Bretschneider, Roma 2012, p. VIII-414, ISBN 9788882657673.
Il volume raccoglie gli atti dell'omonimo Convegno svoltosi a Firenze fra il 21 e il 23 ottobre 2010. "Declinato il mito del 'classico', che tanto aveva inciso sull'idea di una fungibilità degli antichi prudentes", fra i compiti dei moderni interpreti rientra il tentativo di intendere in misura più piena la 'controversialità' che connota il discorso dei giuristi fra l'ultimo secolo della repubblica e l'età severiana. Carlo Beduschi (Il "ius controversum" fra razionalità e giustizia, p. 1-36) individua, quale luogo privilegiato per lo sviluppo della giurisprudenza, "lo spazio interposto fra iurisdictio e iudicium", in cui vi sarebbe stato terreno fecondo per "la elaborazione di direttive di giudizio suggerite dalla logica della controversia" (p. 5). Si ferma poi segnatamente sull'uso della retorica, risaltandone la diversa funzione nel patrocinio giudiziario e nel discorso dei iuris periti. La 'controversialità' nel discorso dei giuristi è funzionale alla verifica dell'attendibilità delle argomentazioni e dei risultati. Significativa l'esemplificazione attraverso il dibattito tardo-repubblicano in materia di partus ancillae che vede contrapporsi, a livello di opiniones prudentium, le ragioni del proprietario della schiava (e l'opinione di Bruto, poi prevalsa) a quelle dell'usufruttuario. Remo Martini e Stefania Pietrini, Casi di "ius controversum" nella testimonianza di Quintiliano (p. 37-60) partono dal notissimo passaggio di Quint. Inst. or. 7.6.1, dove, in riferimento alla quaestio "verba-voluntas", si afferma "frequentissima inter consultos quaestio est, et pars magna controversi iuris hinc pendet". Al di là dei 'casi di scuola' e delle normative 'di fantasia' escogitate dai retori per controversiae e suasoriae, gli a. si soffermano significativamente su norme di diritto romano realmente esistenti, usate dai maestri di retorica per spiegare la teoria degli status legales, e menzionate da Quintiliano nell'Institutio oratoria: la regola che vietava di "educere e domo" l'in ius vocatus (7.8.6); l'allusione alla lex Cornelia de sicariis presente in 7.8.2; il parricidio e la correlata poena cullei cui è riferimento in 7.8.6; la menzione della poena quadrupli per il furto in 7.6.2 e infine il principio "bis de eadem re ne sit actio" richiamato in 7.6.4. Letizia Vacca, Controversialità del diritto e impianto casistico (p. 61-75), pone in risalto il superamento, nei nostri studi, ad opera di Schwarz (nel 1951), della concezione pandettistica della "Begriffsjurisprudenz", per giungere alla valorizzazione del momento controversiale, in seno alla giurisprudenza romana, come momento iniziale della discussione concernente il ius controversum. L'a. valorizza poi il 'momento casistico' all'interno della elaborazione di un diritto giurisprudenziale con carattere di 'scientificità' (dove la pluralità di opinioni si attua all'interno di un sistema 'aperto', "controllato nella sua razionalità interna dalla coerenza delle soluzioni pratiche"): momento casistico consistente nell'analisi degli elementi fattuali, dove le soluzioni di casi precedenti vengono utilizzate per la 'diagnosi' del nuovo caso sottoposto all'attenzione del giurista. In ciò ben consapevole della difficoltà dell'analisi delle fonti giurisprudenziali, dato l'impianto della compilazione giustinianea, che rende assai complessa una ricostruzione del procedimento euristico e interpretativo di volta in volta utilizzato da ciascun giurista. Aldo Petrucci, Disciplina processuale delle "negotiationes" e "ius controversum" (p. 77-95) esamina le ipotesi di ius controversum in tema di esperibilità dell'actio exercitoria là dove il magister avesse assunto un mutuo ad reficiendam navem (dove si fronteggerebbero un'opinione risalente a Ofilio e una attribuibile a Giuliano); in materia di actio institoria per contratti conclusi dall'institor fra la morte del preponente e l'aditio dell'eredità di costui; riguardo all'uso dell'actio institoria da parte del preponente; e per l'eventualità di estensione del campo di applicazione dell'actio tributoria (casi in cui entrano in gioco le opinioni differenti di Pomponio, Paolo e Ulpiano). Massimo Brutti, Il dialogo tra giuristi e imperatori (p. 97-204) ha esaminato variabili del dialogo fra giuristi e principi, quali il binomio constitutio-interpretatio, interventi correttivi dei giuristi nei riguardi di decisioni imperiali (quali quello descritto in Gai 2.280), la recezione di orientamenti giurisprudenziali in decisioni imperiali (come in Gai 2.195 e in D. 35.1.7), per rilevare la presenza di un dialogo costante fra prudentes e principes, veicolato principalmente (ma non solo) dalla presenza dei giuristi nei consilia principum. Francesco Amarelli, I giuristi e il potere: i "consilia principum" (p. 205-212) si ferma sulla esigenza dei principi di garantire un livello di tecnicismo e di professionalità elevati alla base della loro attività, con la conseguente dialettica fra le tensioni autonomistiche dei giuristi e il desiderio di controllo dei principes. Patrizia Giunti, "Iudex" e "iurisperitus". Alcune considerazioni sul diritto giurisprudenziale romano e la sua narrazione (p. 213-251) muove da Gai 1.7 e dal focus in esso contenuto sulla forza normativa del responsum, in una con la dialettica fra ius respondendi e "discrezionalità decisionale propria del sistema del ius controversum repubblicano", per porre in risalto come la destinazione dei responsa all'orientamento della decisione giudiziale ne abbia influenzato impianto e metodologia. Imperniato sulle Disputationes ulpianee il contributo di Andrea Lovato, Quando la "disputatio" si fa genere letterario: la testimonianza di Ulpiano (p. 253-285), il quale, nel fermarsi sulla struttura dialogica della disputatio, pone in risalto l'importanza della letteratura problematica all'interno del sapere giurisprudenziale del principato e la necessità di tornare ad uno studio anche orientato sui problemi, non solo sulle 'costruzioni dogmatiche'. Emanuele Stolfi, "Dissensiones prudentium", dispute di scuola e interventi imperiali (p. 287-338) torna sul lungo squarcio del liber singularis enchiridii contenuto in D. 1.2.2, per rivalutare da un lato la dialettica fra sectae e le successiones al loro interno, dall'altro le informazioni di segno tutto diverso concernenti il ius respondendi ex auctoritate principis, alla luce della prospettiva giustinianea dell'inserimento dello squarcio nella propria compilazione. Livia Migliardi Zingale, Realtà provinciale egiziana e documenti della prassi (p. 339-356) esamina il rapporto fra praefectus Aegypti (con particolare riguardo - ma non solo - alla figura di Lucio Volusio Meciano) e nomikoi, giuristi egiziani esperti di diritto locale, per valorizzarne il ruolo di tramite fra le élites locali e il governo romano. Valerio Marotta, La "recitatio" degli scritti giurisprudenziali: premesse repubblicane e altoimperiali di una prassi tardoantica (p. 337-385) rinviene precedenti della prassi tardoantica della recitatio già in Cicerone, Quintiliano e nell'età severiana. Pietro Cerami, Il "ius controversum" nello sguardo dei moderni (p. 387-414) ripercorre il dibattito storiografico recente in materia di ius controversum, a partire dal contributo di Andreas Schwarz. Un volume, quello a cura di Marotta e Stolfi, che rappresenta un importante restatement sul tema della controversialità e di tecniche e metodi dei iuris periti (in particolare nel principato) per governare regole e soluzioni all'interno di un 'sistema' aperto, su base casistica, volume che pone in risalto la vivacità di un dibattito destinato a continuare ancora a lungo. [Francesca Lamberti]
Donato Martucci (a cura di), Le terre albanesi redente. II. Ciameria, Collana di Albanistica, 2, Comet Editor Press, Marzi di Cosenza, pp. 208, ISBN 978889602962.
Carla Masi Doria, Modelli giuridici, prassi di scambio e medium linguistico. Un itinerario dell’espansionismo romano, Quaderni della Scuola di Dottorato in Diritto sovranazionale e Diritto interno – Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, 4, Editoriale Scientifica, Napoli 2012, pp. 108, ISBN 9788863423242.
Carla Masi Doria, Cosimo Cascione (a cura di), Tra Italia e Argentina. Tradizione romanistica e culture dei giuristi, Satura Editrice, Napoli 2013, pp. X-394, ISBN 9788876071287.
Stephen Meder, Familienrecht. Von der Antike bis zur Gegenwart, Böhlau Verlag, Köln Weimar Wien 2013, pp. 5-278, ISBN 9783825239015.
Nel panorama scientifico era sinora assente un 'Abriss' in chiave storica e comparatistica in materia di diritto di famiglia. Vi ha ovviato Stephan Meder. Dopo un capitolo introduttivo (p. 21-39), volto primariamente a chiarire la necessità di occuparsi anche delle culture antiche "zumindest exemplarisch" e a delineare le linee portanti della ricerca, il libro prende le mosse dall'esperienza romana (p. 41-69): delineati i caratteri della famiglia e del matrimonio arcaico e altorepubblicano, l'a. descrive i mutamenti nel senso di un maggiore equilibrio fra i componenti della famiglia e di una maggiore autonomia femminile verificatisi nel principato (il 'cambio di paradigma' avrebbe inciso soprattutto sui profili patrimoniali); rileva come l'esclusione dai civilia officia delle donne, con particolare riguardo al munus iudicandi, sia motivata in modo meno emozionale (in D. 5.1.12.2) di quanto avvenga per il divieto moderno delle donne di svolgere il mestiere di giudice (motivazioni analoghe nella Germania e nell'Italia del primo Novecnto, fondate sull'instabilità emotiva delle donne). Dense pagine sono poi dedicate al divieto per le donne di assumere garanzie personali in favore di terzi (introdotto in Roma dal c.d. SC. Velleianum), alle riflessioni sul divieto di intercessio nell'età del giusnaturalismo e alla relativa critica ad opera del giurista e scrittore Theodor Gottlieb von Hippel, e all'abolizione di tale divieto nell'attuale ordinamento tedesco (p. 60-66). L'indagine prosegue con l'evoluzione delle disposizioni relative alla famiglia nell'esperienza medievale e della prima età moderna (p. 71-101). L'a. mostra anzitutto come il relativo equilibrio fra le posizioni dei coniugi all'interno del matrimonio, raggiunto in seno al diritto romano classico, sotto l'influsso del cristianesimo subisca una netta involuzione. Particolare risalto è dato all'istituto del tutore femminile, previsto dallo Specchio Sassone (1.46) là dove una donna dovesse affrontare un processo, sintomo della diffusa concezione che vuole la donna bisognosa di protezione, anche in situazioni dove un rappresentante processuale (necessario) era già previsto. Di interesse anche le conseguenze economiche dello scioglimento del matrimonio (lo Specchio Sassone contempla anche una forma di divorzio, che richiede tuttavia il consenso di entrambi i coniugi, 1.25.4): nel contesto dell'unione matrimoniale, i beni della donna si mescolano con quelli del marito, che ha il diritto di amministrarli; allo scioglimento del matrimonio la donna ha diritto alla restituzione di quanto conferito all'atto dell'unione, sintanto che qualcosa residui dall'amministrazione compiutane dal marito. L'idea fondamentale della 'co-gestione', già presente nella legislazione del Duecento (e in realtà - mi si consenta di aggiungere - un motivo già presente nell'esperienza giuridica e nel sentire sociale della Roma di tarda repubblica e principato), sarà un Leitmotiv anche nel BGB del 1900 (p. 90). Il principio illuministico e razionalistico di parità ed eguaglianza è poi analizzato nelle sue declinazioni nel Codex Maximilianeus Bavaricus del 1756, nell'ABGB del 1811 e nell'Allgemeines Landrecht prussiano del 1794, nonché nel Code civil napoleonico (p. 103-128). L'a. si volge ad esaminare successivamente gli ideali della 'famiglia borghese' dell'ottocento tedesco, attraverso le considerazioni di Schleiermacher (e la sua critica a posizioni illuministe) e della Scuola storica: particolare risalto è dato alla posizione di Savigny, secondo cui il matrimonio dev'essere governato principalmente dai costumi, e non dal diritto, e alle concomitanti idee di Jhering (p. 129-159). Un rilevante capitolo è quello dedicato ai movimenti riformatori inglesi, francesi e americani successivi al 1848 (p. 161-188). In primo luogo alle animatrici del movimento femminile in Francia dopo il 1848, Léon Richer, Maria Deraismes e Hubertine Auclert; di seguito ai movimenti di riforma nel quadro del Common Law inglese, concernenti gli aspetti economici del matrimonio, quelli relativi al divorzio, ai diritti dei figli nati al di fuori del matrimonio e alle riflessioni concernenti la 'potestà dei genitori, nonché alle corrispettive riflessioni in ambiente statunitense (tutte veicolate da movimenti femminili estremamente attivi nei loro ambiti). Più densa l'analisi, ovviamente, dei moti di riforma del diritto di famiglia in Germania dopo il 1848 (p. 189-215), con particolare risalto alle prime giuriste tedesche, Emilie Kempin, Anita Augspurg e Marie Raschke, nonché all'opera di vicini giuristi di sesso maschile, quali Carl Bulling. Di risalto anche l'analisi della critica mossa alle regolamentazioni economico-patrimoniali delle unioni matrimoniali come contemplate nel BGB e delle successive modifiche. Gli ultimi capitoli sono dedicati all'analisi degli influssi del diritto di famiglia scandinavo sul diritto tedesco nel periodo della Repubblica di Weimar (p. 217-240), e alle attuali sfide che le tendenze riformatrici pongono al regime della famiglia e della convivenza (p. 241-266). [F. Lamberti]
Felice Mercogliano, Fundamenta. Seconda edizione, Satura Editrice, Napoli 2012, pp. 296, ISBN 9788876071041.
Giovanna Daniela Merola, Per la storia del processo provinciale romano. I papiri del medio Eufrate, Pubblicazioni del Dipartimento di diritto romano e storia della scienza romanistica dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’, 32, Satura Editrice, Napoli 2012, pp. X-186, ISBN 9788876071133.
Antonino Milazzo, Falsus procurator. Ricerche sull’evoluzione del concetto di falso rappresentante, Collana dell’Università LUM Jean Monnet – Casamassima (Bari). Serie giuridica, 25, Cacucci Editore, Bari 2012, pp. 222, ISBN 9788866111931.
Friedrich Münzer, Kleine Schriften, hrsg. v. Matthias Haake und Ann-Cathrin Harders mit einer Einführung von Karl-Joachim Hölkeskamp, Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2012, pp. XLVI-578, ISBN 9783515101271.
Friedrich Münzer è senza dubbio una delle più interessanti personalità delle Altertumswissenschaften tedesche nel momento della loro massima fioritura, ovvero fra la fine del XIX secolo e l’avvento del nazionalsocialismo. Le oltre cinquemila voci prosopografiche pubblicate nella Realencyclopädie ‘Pauly-Wissowa’ – che costituiscono peraltro l’ossatura della monografia Römische Adelsparteien und Adelsfamilien (Stuttgart 1920) – rappresentano senza alcun dubbio un irrinunciabile punto di partenza per chiunque si voglia confrontare con problematiche prosopografiche, storiche, giuridiche inerenti alla Roma di età repubblicana. La raccolta anastatica dei suoi Kleine Schriften – operata dagli attuali titolari della Cattedra di Storia antica dell’Università di Münster (Cattedra che Münzer occupò dal 1921 al 1935) – è un omaggio allo Studioso, in ricorrenza del settantesimo anniversario della sua morte (occorsa il 20 ottobre 1942 nel campo di concentramento di Theresienstadt nel quale lo studioso era stato internato pochi mesi prima per le sue origini ebraiche). I 42 saggi raccolti sono suddivisi in sei sezioni – Prosopographie und Epigraphik (pp. 3-122); Geschichte (pp. 123-230); Historiographie (pp. 231-440); Studien zu Plinius dem Älteren (pp. 441-512); Philologica (pp. 513-562); Varia: Nachruf und Programmatisches (pp. 563-576) – corrispondenti alle principali linee di interesse di Münzer, e che mostrano la validità della massima cara ad Arnaldo Momigliano, per cui si può realmente comprendere il peso della storia antica solo affrontando ‘innumeri questioni erudite’. Fra gli altri, di interesse per il giusromanista appaiono i contributi su tribuni militum consulari potestate e censori (p. 22 ss.), sul sacerdozio Vestale (p. 126 ss.), sull’uso della ‘Todesstrafe’ come strumento di lotta politica (p. 171 ss.), sul conferimento sul ius honorum ai primores Galliae nel 48 d.C. (p. 193 ss.), sulle fonti di Velleio Patercolo (p. 335 ss.), sulla carriera procuratoria di Plinio il Vecchio (p. 441 ss.), sul ruolo della storia antica nella formazione universitaria (p. 569 ss.). Completa questo raffinato volume un articolato saggio di K.-J. Hoelkeskamp sulla produzione scientifica di Münzer, la sua fortuna, la sua attualità nell’antichistica del XXI secolo. [P. Buongiorno]
Bernardo Periñán Gómez, El Proceso contra L.C.Balbo Maior: estudio jurídico, Thomson, Navarra, 2011, pp.1-172, ISBN 9788499039336.
Fara Nasti, Francesca Reduzzi (a cura di), Per una comune cultura dell’acqua. Dal Mediterraneo all’America del Nord. Atti del Convegno internazionale organizzato da Francesco Salerno (Cassino-Napoli, 5-7 maggio 2008) dedicati alla Sua memoria, Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale, Cassino 2012, pp. XVIII-318, ISBN 9788895430461.
Luigi Nuzzo, Miloš Vec (eds.), Constructing International Law. The Birth of a Discipline, Studien zur Europäischen Rechtsgeschichte, 273, Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 2012, pp. XVI-546, ISBN 9783465041672.
Luigi Nuzzo, Origini di una Scienza. Diritto internazionale e colonialismo nel XIX secolo, Studien zur Europäischen Rechtsgeschichte, 274, Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 2012, pp. X-330, ISBN 9783465041672.
Pietro Paolo Onida, Eurípides Valdés Lobán (coord.), Identitad e integración latinoamericana y caribeña. II Seminario en el Caribe “Derecho romano y Latinidad” (La Habana – Cuba, 12 al 14 de febrero de 2004), Università degli Studi di Sassari. Pubblicazioni a cura del Dipartimento di Scienze Giuridiche, 19, Jovene Editore, Napoli 2011, pp. XVI-328, ISBN 9788824320207.
Pietro Paolo Onida, Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico romano. Seconda edizione, Università degli Studi di Sassari. Dipartimento di Giurisprudenza, Pubblicazioni del Seminario di Diritto romano, 21, G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. XIV-386, ISBN 9788834829707.
Pietro Paolo Onida, Prospettive romanistiche del diritto naturale, Università degli Studi di Sassari. Pubblicazioni del Dipartimento di Giurisprudenza, 5, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. VIII-152, ISBN 9788824321235.
Lucio Parenti, «In solidum obligari». Contributo allo studio della solidarietà da atto lecito, Università degli Studi di Teramo. Collana della Facoltà di Giurisprudenza, 23, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2012, pp. X-590, ISBN 9788849523973.
Luigi Pellecchi, Innocentia eloquentia est. Analisi giuridica dell’Apologia di Apuleio, Biblioteca di Athenaeum, 57, New Press Edizioni, Como 2012, pp. 312, ISBN 9788895383811.
Una rilettura di impronta giusromanistica dell'orazione giudiziaria pronunciata da Lucio Apuleio a Sabrata, fra il 158 e il 159 d.C., a noi nota come de magia o Apologia, era attesa, nel panorama dei nostri studi. Vi ha di recente provveduto, in modo sapiente ed elegante, Luigi Pellecchi. Muovendo da prese di posizione ancora recenti, come quella di Riemer (Apuleius, De Magia. Zur Historizität der Rede, in Historia 55, 2006, 178-190), che tuttora aderiscono ad ipotesi 'finzioniste' (ossia che mettono in dubbio un reale svolgimento della difesa giudiziaria, attribuendo carattere 'di fantasia' all'Apologia), Pellecchi si pone (e a mio avviso raggiunge) obiettivi ambiziosi: "da un lato ... pervenire a una palingenesi della requisitoria, che contribuisca a una miglior comprensione della base normativa dell'accusa; da un altro di definire i ruoli tecnici assunti nel processo dai singoli avversari di Apuleio; da un altro ancora di chiarire la strategia del gruppo alla vigilia della nominis delatio. In breve, d'iniziare a restituire al processo di Sabratha la sua dimensione giuridica complessiva, mostrando quanto larga sia la corrispondenza dello spaccato che ne offre l'Apologia con le regole del processo penale d'età imperiale, quali trapelano dalle fonti giuridiche" (p. 9).
Il volume è strutturato in due parti, la prima (p. 15-119) volta ad indagare i fatti introduttivi dell'accusa e a definire alcune peculiarità procedurali della stessa, la seconda (il 'nucleo portante' della ricerca, p. 123-277) relativa ai contenuti dell'accusa stessa, come desumibili dalla dispositio degli argomenti e dalle obiezioni concrete rilevabili dall'orazione difensiva.
Nella prima parte l'a., analizzati gli indizi interni all'Apologia, e le diverse ipotesi dottrinali, si schiera anzitutto per l'ipotesi che l'accusatore di Apuleio fosse (in prima persona) il figliastro di lui, figlio di primo letto di Pudentilla, Sicinio Pudente: lo zio di lui, Sicinio Emiliano, lo avrebbe affiancato non già come patronus causae, ma come curator minoris, essendo Pudente già pubere al momento dell'accusa, ma ancora infraventicinquenne (in tal modo Apuleio aveva buon gioco ad alludere malignamente ad Emiliano come instigator dell'accusa, p. 17 ss.). Prosegue mostrando come i componenti del collegio accusatorio (Emiliano, Rufino e Tannonio, accanto a Pudente) avessero da tempo predisposto l'accusa, e fatto in modo di prendere di sorpresa Apuleio, per costringerlo a preparare la sua difesa in un torno di tempo assai ridotto (approfittando del desiderio del governatore, Claudio Massimo, di definire la questione il prima possibile, p. 44 ss.). L'ultimo segmento della prima parte illustra la regola, a verosimile fondamento legislativo, di età repubblicana, per cui il promotore di un'accusa criminale (diversamente dall'imputato, dal reus) era l'unico responsabile delle attività collegate all'istruttoria e al dibattimento: gli era vietato, cioè, servirsi di patroni causae, possibilità invece ampiamente concessa al reus. Mostra poi come, in prosieguo di tempo, la rigidità della regola si fosse allentata, in particolare a favore di quelle categorie di persone (donne, minori, ignominiosi) che avessero da un lato l'obbligo di esperire una data accusa, dall'altro difficoltà a sostenerla in prima persona: nel principato sarebbero stati ammessi vieppiù patroni causae ad affiancare l'accusator in difficoltà. Una situazione di questo tipo sarebbe presente anche nel caso del giovane Pudente, che per scarsa esperienza e imperizia difficilmente avrebbe potuto esser promotore unico e autonomo dell'accusa verso l'esperto oratore e filosofo Apuleio, onde la presenza (non quali subscriptores, ma quali - appunto - patroni) dei più adulti Emiliano, Rufino, e Tannonio Pudente ad affiancare il ragazzo (p. 62 ss.).
Nella seconda parte dell'indagine Pellecchi affronta il controverso tema della struttura e dei contenuti dell'accusa, come svolta nella requisitoria di Tannonio Pudente, ma ricavabile e contrario solo da indizi interni all'orazione di difesa pronunciata da Apuleio. Giunge a ricostruire la prima parte dell'intervento di Tannonio come introdotto da una reprehensio vitae dell'imputato: vale a dire, prima di accedere al nucleo vero e proprio dell'accusatio, Tannonio avrebbe delineato una carrellata di eventi e situazioni volti a screditare Apuleio e a denunciarlo come 'falso filosofo' (in realtà dedito a culti esoterici e ad arti magiche). A tale 'sezione introduttiva' dell'oratio di accusa (che ovviamente anticipava il motivo fondamentale svolto nel corso dell'arringa difensiva, ossia la giustificazione filosofica) Apuleio avrebbe fornito risposta nei §§ 4-25 dell'Apologia (p. 124 ss.). Elementi appartenenti all'accusa vera e propria sarebbero stati invece l'affermazione di avere usato incantesimi e filtri per indurre Pudentilla al matrimonio con lui (cui sarebbe inerito anche l'argumentum piscarium, al quale il retore appare dare quasi autonomo risalto in Apol. 29-42); l'aver usato incantesimi su uno schiavo della moglie, Tallo (Apol. 42-47); l'aver usato incantesimi su una donna epilettica (Apol. 48-51). Pellecchi ne deriva, nella propria ricostruzione, che l'accusa vera e propria intentata verso Apuleio si sarebbe articolata nei tre capi d'imputazione descritti (incantesimi verso Pudentilla, incantesimi verso Tallo, incantesimi verso la donna affetta da epilessia), concludendo che la 'fattispecie di reato' fosse da inquadrare in quella descritta in PS. 5.29.15 (Qui sacra impia nocturnave, ut quem obcantarent, defigerent, obligarent fecerint faciendave curaverint ...). Attraverso la lettura combinata di D. 48.8.13 (Mod. 12 pand.), Coll. 2.15.1 e PS. 5.29.15, l'a. ricava infine che la poena legis Corneliae prevista per il veneficium era stata estesa alle ipotesi in esame da un senatusconsultum, che prevedeva la necessità di un iudicium publicum (p. 156 ss.). L'ipotesi in esame ha il merito di ricollegare (e di riferire con verosimiglianza agli inizi del principato) la disposizione ricordata nel frammento pseudo-paolino alle accuse mosse ad Apuleio. Ricordandoci la necessità forse di tornare sulle diverse previsioni contemplate dalla normativa di età giulio-claudia in materia di fattispecie accostate al veneficium ma più strettamente rientranti in attività divinatorie, magiche e misteriche, per una rilettura 'giusromanistica' di quello che resta un piccolo gioiello di ricostruzione storica, vale a dire il volume della compianta Marie Theres Fögen, Die Enteignung der Wahrsager. Studien zum kaiserlichen Wissensmonopol in der Spätantike, Frankfurt a.M. 1993. [F. Lamberti]
Luigi Pellecchi, Per una lettura giuridica della Rudens di Plauto, Casanova Editore, Parma 2012, pp. 94, ISBN 9788888628325.
Isabelle Pimouget-Pédarros, Monique Clavel-Leveque, Fatima Ouachour (dir.), Hommes, cultures et paysages de l’Antiquité à la période moderne. Mélanges offerts à Jean Peyras, Enquêtes et Documents, Presses Univesitaires de Rennes, Rennes 2012, pp. 452, ISBN 9782753521438.
Johannes Platschek, Das Edikt de pecunia constituta. Die römische Erfüllungszusage und ihre Einbettung in den hellenistischen Kreditverkehr, Münchener Beiträge zur Papyrusforschung und Antiken Rechtsgeschichte, 106. Heft, Verlag C.H. Beck, München 2013, pp. XII-292, ISBN 9783406647581.
Agostino Poggi, Il contratto di società in diritto romano classico. I-II, con una nota di lettura di Gianni Santucci, ANTIQVA, 98, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XXIV-376, ISBN 9788824322126.
Il volume è la ristampa dei due fascicoli (editi a Torino, il primo nel 1930 e il secondo nel 1934) di cui in origine si componeva la monografia Il contratto di società nel diritto romano classico di Agostino Poggi (P.), romanista genovese dei primi anni del ‘900. L’opera – che privilegia un impianto dogmatico-sistematico – contiene un’esposizione esaustiva dei profili privatistici della societas nel diritto classico, seppur con una residuale attenzione ad alcuni argomenti non privi di importanza, quali l’irrilevanza del contratto nei confronti dei terzi e i modi di estinzione di esso. Il volume rispecchia la divisione originaria dell’opera di P.: la prima parte (pp. 1-184) corrisponde al fascicolo del 1930 mentre la seconda (pp. 185-362) al fascicolo del 1934; inoltre, contestualmente alla numerazione progressiva delle pagine sono conservate le rispettive numerazioni dei due fascicoli. Dopo la nota di lettura di Gianni Santucci, la prima parte si apre con un’introduzione di oltre sessanta fitte pagine (pp. 7-66) in cui P. offriva un utilissimo panorama testuale sulle fonti letterarie, papirologiche e giurisprudenziali utili alla ricostruzione degli sviluppi diacronici del contratto. Dipoi, il discorso di P. si concentra essenzialmente sul consenso dei soci (pp. 67-184), di cui sono presi in esame i temi fondamentali quali il contenuto, la manifestazione, i vizi, l’incapacità dei contraenti. La seconda parte, invece, è incentrata sulla struttura interna del contratto, di cui si analizza la differenza con la communio, la tipologia dei conferimenti, il tema delle quote sociali e quello intimamente connesso della divisione degli utili e delle perdite, la responsabilità contrattuale tra i soci. Chiude la monografia l’indice delle fonti (pp.363-371), di cui era priva l’edizione originale. [A. C. Manta]
Federico Procchi, ‘Licet emptio non teneat’. Alle origini delle moderne teoriche sulla cd. culpa in contrahendo, L’arte del diritto, 21, CEDAM, Padova 2012, pp. XVI-420, ISBN 9788813314354.
Federico Procchi, Plinio il Giovane e la difesa di C. Iulius Bassus. Tra norma e persuasione. Presentazione di Remo Martini, Collana ‘Saggi e Studi’, Pisa University Press, Pisa 2012, pp. 144, ISBN 9788867410552.
Natale Rampazzo, Sententiam dicere cogendum esse. Consenso e imperatività nelle funzioni giudicanti in diritto romano classico, Pubblicazioni del Dipartimento di diritto romano e storia della scienza romanistica dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’, 30, Satura Editrice, Napoli 2012, pp. VI-234, ISBN 9788876071119.
Natale Rampazzo, Iustitia e bellum. Prospettive storiografiche sulla guerra nella Repubblica romana, Storia politica costituzionale e militare del mondo antico, 5, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XIV-138, ISBN 9788824321501.
La guerra giusta risulta ancora oggi tema di grande attualità, come dimostra il conflitto siriano in seno al quale la strage di civili – molti dei quali bambini – compiuta con il gas nervino alla periferia di Damasco lo scorso 21 agosto 2013, è stata intesa come causa iusta per un intervento militare armato da parte di alcuni paesi occidentali. Tale intervento era dato come imminente alla fine di agosto, prima che si affermasse la linea diplomatica sancita dalla risoluzione ONU n° 2118/2013 del 28 settembre, che ha, di fatto, relegato l’eventuale opzione militare in subordine all’inosservanza delle prescrizioni sulla dismissione dell’arsenale chimico del regime siriano. Avvenimenti di tal genere propongono, oramai con frequenza, all’attenzione dell’opinione pubblica la discussione su guerra, giustizia, diritti umani, e sollecitano la riflessione di studiosi e specialisti di diverse materie su un tema traversale all’esperienza storica umana (si vd. ad es. il volume collettaneo curato da G. Daverio Rocchi, Dalla concordia dei Greci al bellum iustum dei moderni, i.c.p.).
L’agile volume Iustitia e Bellum, qui segnalato, è apparso quale quinto titolo della collana «Storia politica costituzionale e militare del mondo antico» diretta da Luigi Loreto. L’A. affronta il rapporto tra giustizia e guerra in sei capitoli – I. Ius iustus iustitium iustitia: le matrici. II. Iustitium indicere, bellum (in)dicere, iustae causae: l’avvio. III. Iustitia e pax: le pause di riflessione. IV. Iustitia e bellum: la persuasione. V. La procedura dichiarativa e i suoi elementi: la forma. VI. La scia ideologica del bellum iustum – a chiusa dei quali sono la bibliografia e l’indice delle fonti. Il percorso individuato dall’A., si può desumere preliminarmente dai titoli di ciascun capitolo; tuttavia esso può prestarsi a differenti percorsi tematici di lettura. I capitoli I, II e V descrivono le fasi preparatorie alla dichiarazione di guerra. D’interesse è l’indagine filologica condotta nel primo dei tre, sul termine ius e i suoi derivati quali presupposti allo sviluppo dei formulari giuridico-religiosi del iustitium indicere, del bellum (in)dicere e della iusta causa. I capitoli III e IV appaiono invece speculari l’uno all’altro, essendo in essi indagato il doppio registro della giustizia in rapporto alla pace e alla guerra. L’ultimo, il VI, è un capitolo a sé, nel quale si sintetizza la riflessione giuridico-filosofica d’età medievale e moderna sul concetto di guerra giusta.
Dall’indagine condotta dall’A., riemerge in modo nitido come per i Romani il bellum si combattesse contro uno o più soggetti, esterni ed estranei al popolo Romano. Tuttavia, nel corso del I secolo a.C., per la prima volta, i Romani impararono a conoscere la guerra tra cives. Ad ogni modo, la riflessione romana non giunse mai a coniare un termine specifico per designare il conflitto civile – analogamente alla stasis greca, contrapposta al polemos – ricorrendo sempre al termine bellum, seppur con la qualificazione di civile (ThLL II, s.v. bellum, p. 1849, 25-62; ThLL III, s.v. civilis, p. 1215, 67-74). Naturalmente, le procedure ideate ed elaborate per i conflitti esterni non potevano essere applicate né adattate alla nuova forma di conflitto, che ne ebbe di sue proprie, come le formulazioni di ‘hostis publicus’ e ‘salus rei publicae’, sostanziate nel cd. ‘senatus consultum ultimum’: in quest’ultimo, era presupposta la giustezza formale e sostanziale dell’azione militare, rivolta contro ‘nemici non più cittadini’. [A. Gallo]
Mariagrazia Rizzi, Imperator cognoscens decrevit. Profili e contenuti dell’attività giudiziaria imperiale in età classica, Collana dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Facoltà di Giurisprudenza, 80, Giuffrè Editore, Milano 2012, pp. XVI-488, ISBN 97888814151866.
Roberto Scevola, Utilitas publica, I. Emersione nel pensiero greco e romano, II. Elaborazione della giurisprudenza severiana, CEDAM, Padova 2012, 2 voll., pp. 427, pp. 408, ISBN 9788813314330, 9788813331092.
Philipp Scheibelreiter, Untersuchungen zur vertragsrechtlichen Struktur des delisch-attischen Seebundes, Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse. Kommission für Antike Rechtgeschichte, 22, Österreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2013 (sed 2012) pp. XII-392.
Francesco Maria Silla, Genera actionum. Itinerari gaiani, Edizioni Grifo, Lecce 2012, pp. 160, ISBN 9788896801994.
Silvia Silverio, La capacità di diritto pubblico. Dalla titolarità all’esercizio dei diritti fondamentali, Università degli Studi di Teramo. Collana della Facoltà di Giurisprudenza, 26, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2013, pp. XIV-194, ISBN 9788849525892.
Silvia Silverio è una giovane costituzionalista della scuola di Michele Ainis. La sua prima monografia indaga la possibile esistenza, fra le categorie giuridiche, «di un’autonoma capacità di diritto pubblico, distinta da quella di diritto privato», e la possibilità di rinvenirne un inquadramento costituzionale. Seguendo questo sottile filo rosso, la ricerca dell’A. si muove secondo una direttrice dogmatica, ma pregna di un forte senso della storia e del diritto come prodotto sociale. Partendo da un ‘profilo storico’ (p. 3 ss.), l’A. percorrere la distinzione fra i concetti di «capacità nel diritto pubblico» (p. 29 ss.) e «capacità di diritto pubblico» (p. 51 ss.). Quindi, riscontrando nella ‘capacità di diritto pubblico’ le due componenti di titolarità e di esercizio dei diritti fondamentali, l’A. conclude che, sebbene la titolarità di essi sia riconosciuta erga omnes, la loro effettività risulti subordinata ad un loro concreto esercizio. L’esame compiuto (p. 85 ss.) sulla capacità inerente ai diritti fondamentali in riferimento alle Condizioni personali degli individui (età, cittadinanza e sesso), mostra infatti come «i diritti fondamentali … veng(a)no costantemente violati quando esercitati da determinate categorie di soggetti» (p. 171).
Si tratta di un libro accurato, di interesse tanto per i giuristi positivi quanto per gli storici del diritto. Il romanista apprezzerà la sensibilità storica, che consente peraltro all’A. di fare proprie le nozioni romane di capax e capacitas (anche se, a supporto delle opportune riflessioni dell’A. si sarebbe potuta valorizzare l’espressione capax imperii adoperata da Tacito [hist. 1.49; ann. 1.13.2]), oltre che quelle di persona, caput e status. L’A. indaga infatti (pur nell’economia di una ricerca giuspositivistica) tali nozioni sempre con diligenza (ma talvolta non adoperando la più recente bibliografia: manca ad es. A. Corbino, G. Negri, M. Humbert [a c. di], Homo caput persona. La costruzione giuridica dell’identità nell’esperienza romana, Pavia 2010), e ne analizza con cura il riverbero sul diritto intermedio e sulle esperienze giuridiche di età moderna e contemporanea. [P. Buongiorno]
Tullio Spagnuolo Vigorita, Imperium mixtum. Scritti scelti di diritto romano, con una nota di lettura di Francesco Grelle, ANTIQVA, 100, Jovene Editore, Napoli 2013, pp. XXX-594, ISBN 9788824322249.
Il tre maggio di quest’anno a Napoli, presso il Dipartimento di Diritto romano, Storia e Teoria del diritto, è stata presentata la raccolta di scritti scelti di Tullio Spagnuolo Vigorita per la Collana Antiqua, diretta da Luigi Labruna e Carla Masi Doria. La nota di lettura introduttiva al volume è di Francesco Grelle il quale, d'intesa con Luigi Labruna (entrambi amici carissimi dello studioso scomparso improvvisamente l’11 settembre del 2012), ha selezionato i saggi qui ripubblicati. La scelta ha privilegiato l'attività di ricerca più specifica di Tullio Spagnuolo Vigorita: le vicende istituzionali del regime imperiale romano, dalle origini augustee alla tarda antichità. Un itinerario d’indagine che, come indica il curatore, non è stato frequente fra gli storici del diritto e che viene riproposto in maniera unitaria per consentire a chiunque volesse proseguire questo metodo di studio, una più agevole fruizione d'insieme degli argomenti e dei risultati proposti dallo studioso. Non sono stati inseriti in questa raccolta i contributi per enciclopedie, dizionari ed altre opere di più ampia consultazione, le recensioni, gli scritti poi trasfusi in articoli apparsi successivamente sotto altra veste, i ricordi o i necrologi e quei saggi non pertinenti all'ambito d'indagine scientifico scelto per questa antologia. Infine, perché già presente nella stessa collana (nr. 37), non è stata ripresa la nota di lettura che lo studioso curò nel 1985 ad introduzione della ripubblicazione anastatica dei due scritti di Paul Jörs sulla legislazione matrimoniale augustea; allo stesso modo sono stati esclusi i saggi introduttivi ai seminari didattici. Il primo degli studi selezionati, riproposti in ordine cronologico, è del 1978 e l’ultimo del 2012. Le ricerche affrontano per lo più aspetti particolari dell’ordinamento amministrativo imperiale, del funzionamento del sistema di governo inteso come strumento collettivo di organizzazione, e si ampliano a considerarne le interferenze con la riflessione giurisprudenziale della composita attività normativa del principe indagata nei profili giuridici, politici e ideologici. Corredano l’antologia una completa e ragionata bibliografia dello studioso nonché un attento indice delle fonti antiche citate dovuti alla cura di Giovanna Daniela Merola e Aniello Parma. [A. Parma]
Alessia Spina, Ricerche sulla successione testamentaria nei responsa di Cervidio Scevola, Università di Milano. Facoltà di Giurisprudenza. Pubblicazioni del Dipartimento di Diritto privato e Storia del Diritto – Sezione di Diritto romano e Diritti dell’antichità, 51, Giuffrè Editore, Milano 2012, pp. XII-622, ISBN 8814174040.
Mario Talamanca, Elementi di diritto privato romano, Seconda edizione aggiornata a cura di Luigi Capogrossi Colognesi e Giovanni Finazzi, Giuffrè Editore, Milano 2013, pp. XXII-378, ISBN 9788814174223.
Spyros N. Troianos, Οι Πηγές του Βυζαντινού Δικαίου, Τρίτη έκδοση συμπληρωμένη, Ekd. Ant. Sakkoulas, Athena-Komotini 2011, pp. 494, ISBN 9789601524580.
Dopo le edizioni del 1986 e del 1999, Spyros Troianos è tornato a pubblicare le sue Fonti del diritto bizantino. L’opera – che copre un arco cronologico che va dalle riforme di Diocleziano alla ‘rumorosa’ caduta di Costantinopoli del 1453 (ma l’ultimo capitolo è dedicato all’influsso del diritto bizantino sul diritto greco moderno, di XIX e inizi XX sec.) – è senza dubbio il più significativo e recente quadro di sintesi su storia e tradizione delle fonti bizantine. È pertanto lettura imprescindibile per quanti vogliano intraprenderne lo studio (o anche semplicemente averne un quadro generale). Allo stesso tempo, il fatto che questa terza edizione si presenti oramai ampliata nel numero di fonti discusse, e aggiornatissima sul piano bibliografico, fa sì che l’opera di Troianos possa oramai essere a buon diritto considerata un trattato, divenendo quindi strumento di lavoro tanto per i giusromanisti, quanto per gli storici del diritto più avvertiti.
Per questa ragione, in un contesto di rinnovato interesse, nel panorama italiano, per gli studi di diritto bizantino (il cui più immediatamente percettibile frutto è l’imponente volume del CEDANT di Introduzione al diritto bizantino, curato da J.H.A. Lokin e B.H. Stolte [Pavia 2011]) si è ritenuto – con il consenso dell’autore – di procedere alla traduzione delle Fonti in lingua italiana. Traduzione alla quale lavora, presso l’Università del Salento, un gruppo di giovanissimi studiosi (taluni di madrelingua greca), e la cui pubblicazione è prevista, per i tipi dell’editore Giappichelli, nel corso dell’anno 2014. [P. Buongiorno]
Franco Vallocchia, Studi sugli acquedotti pubblici romani. I. La struttura giuridica, Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche. Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, 71, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XII-132, ISBN 9788824321334.
Franco Vallocchia, Studi sugli acquedotti pubblici romani. II. L’organizzazione giuridica, Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche. Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, 72, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. XII-180, ISBN 9788824321594.
Mario Varvaro, Le Istituzioni di Gaio e il Glücksstern di Niebuhr, Annali del Dipartimento di Storia del Diritto. Università di Palermo, Sezione Monografie, 11, G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. 208, ISBN 9788834828595.
Di recente apparizione nella "Sezione Monografie" (n. 11) degli Annali del Dipartimento di Storia del Diritto dell'Università di Palermo, il volume di Mario Varvaro ripercorre ancora una volta gli eventi che portarono al fortunato rinvenimento del palinsesto delle Institutiones gaiane nella Biblioteca Capitolare di Verona ad opera di Barthold Georg Niebuhr nel 1816. I riferimenti romanistici più compiuti, negli ultimi anni, per la vicenda in esame, sono (è noto) C. Vano, "Il nostro autentico Gaio". Strategie della Scuola storica alle origini della romanistica moderna, Napoli 2000; M. Avenarius, L' 'autentico' Gaio e la scoperta del Codice Veronese. La percezione delle 'Institutiones' sotto l'influsso della Scuola Storica, in AA.VV., Quaderni Lupiensi di Storia e Diritto, Lecce 2009, p. 9-36; M. Varvaro, Le Istituzioni di Gaio e il Ms. lat. fol. 308, in SCDR 22, 2009, p. 435-514; F. Briguglio, Barthold Georg Niebuhr und die Entdeckung der Gaius-Institutionen - tatsächlich ein Glücksstern?, in ZSS. 128, 2011, pp. 263-297. Dopo una breve rassegna sugli antefatti che condussero Niebuhr (nel corso di un viaggio in Italia in qualità di ambasciatore di Federico Guglielmo III di Prussia presso la Santa Sede) alla scoperta del famigerato palinsesto (contrassegnato col nr. XIII), nella Biblioteca Capitolare della Cattedrale di Verona, Varvaro prende in esame anzitutto la corrispondenza coeva alla scoperta. Niebuhr riferì immediatamente a Savigny del ritrovamento, realizzando copia di alcuni passaggi del palinsesto (lettera del 4.9.1816, riprodotta da Varvaro - nel volume in esame - in Appendice nr.1, p. 117 ss.). Nel volgere di brevissimo tempo, in connessione con la diffusione operata da Savigny della sensazionale notizia, nei riguardi di Niebuhr si sarebbe originata una campagna diffamatoria.
Varvaro ripercorre in primo luogo (p. 28-36) le accuse mosse a Niebuhr da Garlieb Helwig Merkel (pubblicista baltico di lingua tedesca), che nella propria rivista Ernst und Scherz oder der alte Freimütige lo aveva accusato di aver sottratto alla Biblioteca Capitolare veronese delle pagine di manoscritto, per inviarle a Berlino, la relativa - piccata - reazione di Savigny (oggetto anch'egli di velate, offensive, allusioni), e l'accusa di ingiuria promossa nei riguardi di Merkel presso il Königliches Kammergericht di Berlino, che avrebbe condotto alla successiva condanna (in contumacia) del pubblicista.
L'a. si volge poi (p. 37-57) a riconsiderare la polemica accesasi fra Niebuhr e Angelo Mai. Il Cardinale Mai, piccato per le critiche a lui mosse da Niebuhr in occasione della riedizione di frammenti delle lettere di Frontone, avrebbe accusato (e spinto altri, in particolare l’erudito veronese Ignazio Bevilacqua Lazise, ad accusare) lo storico e filologo tedesco di essersi appropriato di scoperte altrui: Amedeo Peyron in riferimento alla sequenza di frammenti di Cicerone dalla pro Scauro (pubblicati da Niebuhr nel 1820), Scipione Maffei relativamente alla scoperta del palinsesto veronese. Gli argomenti in particolare usati da Bevilacqua Lazise riguardo all'anteriorità della scoperta del palinsesto da parte di Maffei sono stati di recente recuperati da Filippo Briguglio per porre in discussione la 'autenticità' della 'scoperta' da parte di Niebuhr; infatti, Briguglio ha aggiunto (a tali considerazioni) l'argomento paleografico della identificazione del palinsesto con il nr. XIII. Anche sul foglio (non palinsesto) dedicato alla materia degli interdicta, e analogamente reperito da Niebuhr nella Biblioteca veronese (già noto grazie alla descrizione operatane nel 1712 dal marchese Scipione Maffei), il c.d. folium singulare de praescriptionibus et interdictis, appare chiaramente visibile il nr. XIII. Tale elemento indicherebbe la conoscenza, da parte di Maffei, del palinsesto, e la reale risalenza della scoperta a quest'ultimo studioso. Varvaro ripercorre (p. 58-96) le indicazioni contenute nelle fonti su questa circostanza, per annotare che: il ritrovamento di alcuni manoscritti (nascosti in cima ad un armadio della Biblioteca per salvarli da qualche piena dell'Adige, e poi dimenticati forse in seguito all'evento della peste del 1630) da parte del Canonico Carinelli, che subito avrebbe informato Maffei, avrebbe riguardato solo 'fogli sparsi', fra cui appunto il foglio sciolto de praescriptionibus et interdictis; costui, pur essendo a conoscenza del fatto che il Codex XIII della Biblioteca di Verona fosse un palinsesto, non lo aveva ricollegato ai frammenti in tema di interdetti contenuti nel folium singulare (ché nel catalogo realizzato dal Masotti dei manoscritti presenti nella Biblioteca veronese, basato sulle schede di Maffei, non vi era indicazione che la scriptura inferior del Codex XIII fosse di contenuto giuridico); a Maffei certo si doveva il rinnovato interesse della filologia del settecento, sia italiana che tedesca, verso le opere di antichi giuristi romani, di cui resti dovevano trovarsi anche a Verona; esclusivamente a Niebuhr sarebbe da attribuire (facendo perciò giustizia dei sospetti formulati dalla dottrina al riguardo) il merito della 'riscoperta' del Gaio delle Institutiones.
Gli esperimenti in atto ad opera di Filippo Briguglio sul Palinsesto veronese hanno riportato in auge, negli ultimi anni, un dibattito intenso anche sui profili storiografici dell'attività di Niebuhr e Savigny in materia. La discussione è in fase di svolgimento in contesti congressuali e seminariali, dei quali si attende la pubblicazione degli atti, e dunque può dirsi ben lungi dall'esser conclusa, anche per quel che attiene al c.d. "Glücksstern" di Niebuhr. Il contributo di Varvaro fornisce al dibattito importanti elementi documentali sull’essenzialità dell'azione dello studioso tedesco, confermando l'importanza del ruolo di Niebuhr (e, a mio modo di vedere, soprattutto di Savigny), nella grande stagione della filologia ottocentesca, per i nostri studi romanistici. [F. Lamberti]
Gloria Viarengo, Studi su Erennio Modestino. Metodologie e opere per l'insegnamento del diritto, Collectanea Graeco-Romana, 12, G. Giappichelli Editore, Torino 2012, pp. VI-136.
Silvia Viaro, L’‘arbitratus de restituendo’ nelle formule del processo privato romano, Storia e teoria del processo, 1, Jovene Editore, Napoli 2012, pp. VIII-216, ISBN 9788824322003.
Joseph Georg Wolf, Lex Irnitana. Gesammelte Aufsätze, Freiburger Rechtsgeschichtliche Abhandlungen: n.F. 66, Duncker & Humblot, Berlin 2012, pp. 292, ISBN 9783428139309.
Paola Ziliotto, Sulla non patrimonialità del danno e dell’interesse nel diritto romano, Classica, Philosophica et Iuridica. Saggi, 2, Edizioni dell'Orso, Alessandria 2012, pp. VI-146, ISBN 9788862744126.